Ricordo che era l’estate di qualche anno fa e ricordo che era uno di quei momenti ricorrenti in cui – senza obbedire ad una Musa fissa – mi trovavo destabilizzato da una pluralità di dominanti infatuazioni: Imperatrix Animas era, in quel momento, la più importante ma, soprattutto, era la più misteriosa.
Ho sempre disprezzato l’egoismo della mia natura sottomessa, così facilmente portato a degradare le Donne ad icone, sicché non era tanto la suggestione del nome latino (e quell’incoerente accusativo al posto del genitivo) che mi aveva spinto al contatto, né immaginavo ebbrezza nelle sue origini rumene e nelle caratteristiche di avida crudeltà che (con spocchia un po’ razzista) siamo soliti attribuire agli europei dell’Est. Nemmeno, infine, era stata la, pur innegabile, bellezza delle sue immagini a far sì che io – generalmente attratto da corpi più tozzi - la cercassi: almeno non l’elegante aspetto della persona, anche se i dettagli di Rossanna, occhi, mani e piedi di incantatrice, certo avevano gettato la loro malia.
La verità è che la mia tendenza alla sottomissione, prevalentemente ‘mentale’, è sempre stata innescata dalle caratteristiche di personalità più che da quelle fisiche e la straordinaria consapevolezza di Imperatrix Animas, il suo poco empatico gusto nell’esercitare il potere e nell’esercitarlo come lei voleva, senza ipocrite domande di “Cosa ti piace?”, mi aveva reso impellente e necessario conoscerla.
Non c’è mai solo il nostro ‘essere sub’ in questo: in realtà ci portiamo sempre dietro, anche nell’esercitare ogni infima pulsione, tutto ciò che siamo, sicché c’era – assieme all’impulso dello schiavo, quello del curioso. Ho sempre ‘studiato’ le Padrone: un po’ per interna sfida, un po’ per spirito di autotutela (“se la valuto, significa che riesco ancora ad esercitare il mio senso critico”), un po’ infine perché ho sempre immaginato che possedere un’indole dominante non sia poi molto più comodo che averne una sottomessa. Del resto – e questo non poteva che costituire un ulteriore stimolo – anche nella preventiva comunicazione verbale, ovvero in quei lunghi e ripetuti scambi di messaggi con cui sono solito previamente ‘valutare’ la mia interlocutrice, Rossanna si era dimostrata intelligente, ben ‘corazzata’ ed assolutamente diretta. La soluzione era una sola: dovevo trovarmi di fronte a quegli occhi e capire.
L’occasione per farlo era stato (oggi so che si chiama così, ma all’epoca mi parve solo un capriccio di Imperatrix) un ‘cash point meet’ nel luogo più improbabile al mondo dove un evento del genere possa accadere: un’osteria di paese nel mezzo della pigra campagna cremonese. Ero arrivato presto e avevo sbirciato, dall’esterno, la sala con il bancone di mescita d’acciaio e qualche spartano tavolino con gli anziani che giocavano a carte. In attesa dell’incontro (c’è sempre un po’ di emozione) avevo percorso a piedi la via principale (praticamente l’unica) del villaggio, senza abbandonare con l’occhio l’entrata dell’osteria.
Non passava quasi nessuno, non era stato quindi difficile allertarmi al rombo sordo di un T-Max, rigorosamente nero, nella cui passeggera immediatamente individuai – pur non avendone mai davvero vista la persona, colei per cui ero venuto. Lo scooter era ripartito e Rossanna era esattamente come nella chat: regalmente incurante e sicura.
Immaginai, prima di entrare un minuto dopo di lei (come mi aveva istruito per sms), lo sguardo degli avventori che si voltavano all’ingresso di quella ragazza con la chioma fulva, la gonna corta e le lunghe gambe fasciate in calzettoni a righe e immaginai anche che tutto questo aveva fatto effetto agli altri, non a lei. Non c’era nessuna provocazione: c’era solo Imperatrix e la sua autorevolezza.
Al mio ingresso l’avevo trovata seduta ad un tavolino, neanche troppo in disparte: non avevo dovuto presentarmi prima che, con un cenno, mi mandasse a prenderle l’ordinazione. Mi ero poi seduto cercando, come al solito, di mascherare l’imbarazzo con simulata ironia.
Di solito funziona: qualcuna serba, dentro sé, un po’ di ‘riguardo clientelare’ e in fondo apprezza l’uomo istruito che non si rende subito zerbino. Lei si era mostrata semplicemente autoritaria e poco avvezza alle ciance e questa credo sia la caratteristica che è rimasta più impressa a me, che sono naturalmente verboso (anche per autodifesa).
Non c’era niente nel suo abbigliamento semplice che suggerisse una dominatrice, ma dominava. Non c’era nessuna spiegazione del perché lo facesse: c’era solo quello sguardo che glielo permetteva come naturale. Non c’erano discorsi e non c’erano insulti gratuiti: solo pochi comandi a bassa voce cui capivo non avrei potuto disobbedire. C’era forse un po’ di gioco e di esperimento in alcune piccole umiliazioni (farmi succhiare la caramella alla menta che si era estratta di bocca, farmi finire il suo bicchiere di odiosissima coca cola …) ma niente di teatrale: solo l’esercizio di una naturale superiorità. Avevo lasciato sul tavolo la somma che Rossanna mi aveva richiesto ed ero uscito: l’incontro non era durato più di una ventina di minuti ma ero comunque frastornato.
Avevo capito che non era di quelle cui interessa il numero e che il mio piccolo dono non mi avrebbe assicurato alcuna prerogativa in una sua eventuale scelta: di fatto Rossanna non mi chiamo più e non ebbi ulteriori occasioni di incontro, pur continuando a seguirla, più o meno saltuariamente a seconda delle rispettive vicende che non interessa qui ricordare.
Le persone seguono orbite diverse che a volte si riavvicinano e mi è capitato recentemente di trovare sul web una immagine di Imperatrix e ricordarmela: ricordarmi l’aspetto, il tono, il modo di esprimersi, la volontà e l’intelligenza. Ne ho scoperto anche l’ironia e – caratteristica non comune, ma già sospettata ai tempi del nostro incontro – la sottile capacità logica.
Può essere che, se quel giorno avesse optato per un paio di sandali anziché indossare delle comunissime hogan non sarei oggi in grado di descriverla tanto accuratamente, ma non mi dispiace che l’abbia fatto (anzi credo l’abbia fatto proprio per quello): quelli come me sono facili a smarrire, adorando la rotondità di un tallone, la differenza fra una semplice seduttrice e una vera Regina.
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